




(Agen Food) – Roma, 17 dic. – di Alessia De Luca – Nel cuore dell’Appio-Tuscolano, a pochi passi dalla metro Furio Camillo, si trova Splash, una piccola gelateria di quartiere senza troppe pretese. Perlomeno in apparenza, perché appena varcata la soglia si viene investiti da un’atmosfera intima e familiare, e da un calore inconsueto, tale da farti temere che tutto il gelato esposto in bella vista possa sciogliersi da un momento all’altro. Quadri alle pareti, scaffali pieni zeppi di libri, si ha la sensazione di entrare nel salotto di un caro amico. Ad accoglierci è una donna sorridente (indossa la mascherina, ma lo percepiamo dagli occhi), voce squillante e piglio sicuro ed estroverso, da perfetta padrona di casa. Lei è Simonetta Cervelli, che della Gelateria Splash è proprietaria e cuore pulsante fin dal lontano 1996, quando con il marito Enrico decide di avviare un’attività dolciaria artigianale. Le difficoltà degli inizi, la pazienza e la tenacia di portare avanti un’idea, fino a trasformare la gelateria in un punto di riferimento per l’intero quartiere. Simonetta si racconta a cuore aperto, è un fiume in piena, e sull’onda dell’entusiasmo si lascia sfuggire perfino il segreto del suo gelato: latte fresco, zucchero, panna e materie prime di qualità, ricercate su tutto il territorio nazionale. E la passione incrollabile di chi ama ciò che fa.
Simonetta, tu eri una bibliotecaria. A un certo punto decidi di cambiare vita e di aprire una gelateria. Mi racconti come nasce Splash?
La mia è una famiglia di gelatieri. I miei genitori avevano una gelateria a Grottaferrata, ma nel 1995, a causa di un infarto, mio padre fu costretto a lasciare temporaneamente l’attività. Mia sorella aveva già una sua gelateria da gestire, perciò fu chiesto a me di portare avanti l’azienda di famiglia in quel periodo di emergenza.All’epoca, io lavoravo come bibliotecaria presso la Società Geografica Italiana, mentre mio marito Enrico era impiegato all’IBM. Conciliare i nostri impegni lavorativi con la gestione della gelateria e i problemi di salute di mio padre era impossibile, ci provammo per un periodo, ma dopo tre mesi decidemmo di lasciare i nostri rispettivi impieghi e di dedicarci a tempo pieno al lavoro nella gelateria dei miei. Nei mesi successivi, mio padre si riprese e tornò a lavorare, ma ben presto ci rendemmo conto di avere due visioni contrapposte rispetto alla gestione del locale. Fu a quel punto che io ed Enrico ci mettemmo alla ricerca di un posto tutto nostro, dove coltivare le nostre idee: così nacque Splash. Abbiamo investito entrambe le nostre liquidazioni e firmato cambiali per due anni. Un salto nel buio, entrambi senza stipendio e con una famiglia da mandare avanti. Da quel giorno sono passati 26 anni.
Il gelato di Splash è preceduto dalla sua fama, che si estende ben oltre i confini dell’Appio-Tuscolano. Ci sveli il segreto di un gelato fatto a regola d’arte?
La ricetta è molto semplice: materie prime di alta qualità, amore in tutto ciò che si produce, curiosità e ricerca di nuove frontiere, senza mai abbandonare la tradizione. Il tutto condito da igiene, gentilezza e professionalità.
Da anni la Gelateria Splash è un punto di riferimento nel quartiere, e un richiamo potente per tantissime persone che orbitano attorno al tuo locale. Vi definite Gelateria Caffetteria Equo Solidale, ci spieghi il perché?
Siamo una caffetteria Equo & Solidale perché usiamo il caffè, lo zucchero, le tisane, la cioccolata e l’orzo del commercio Equo & Solidale. Questa forma di commercio garantisce un equo compenso al produttore, che non ci sia sfruttamento del lavoro minorile e dei territori in cui si produce. Inoltre, non essendo quotato in borsa, il commercio Equo & Solidale non è sottoposto alle leggi di mercato, e una parte dei profitti viene investita per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni che abitano le aree di provenienza dei prodotti. Che, per inciso, sono ottimi.
La gelateria è anche uno spazio culturale all’interno del quale sono nati diversi progetti importanti, tra cui il laboratorio di scrittura creativa, che di anno in anno incrementa il numero dei partecipanti. Da questo laboratorio è nato anche un premio letterario, giunto in pochi mesi alla sua seconda edizione. Ti va di parlarcene?
Il premio letterario nasce dal desiderio di trasformare un evento doloroso, la morte di Massimo Occhiuzzo, docente del corso di scrittura, in un appuntamento annuale a lui dedicato. Ma l’ambizione è quella di creare un premio di qualità, che possa crescere fino a diventare una comunità letteraria eterogenea, con cui confrontarsi e stringere un sodalizio che vada al di là dello scambio culturale.
Nei mesi bui del lockdown la Gelateria Splash ha rappresentato un faro acceso nel quartiere, consegnando a domicilio gelato e sorrisi. Anche in quei giorni difficili vi siete dati da fare per tenere viva l’attività, senza far mancare il vostro supporto a chi si trovava in situazioni peggiori. Cosa ricordi di quel periodo?
Sono stati mesi duri e pieni di ansia, che abbiamo affrontato mettendo in gioco tutta la nostra energia e coesione famigliare. Nostra figlia, che è una fotografa professionista, ha avuto l’idea geniale di donare una sua opera a chiunque avesse ordinato due chilogrammi di gelato. L’iniziativa è stata molto apprezzata dai nostri clienti, ma ha avuto un’incredibile risonanza anche fuori dal quartiere, soprattutto dopo che Roma Today ci ha dedicato un articolo. Chiusa la parentesi artistica, ci siamo dedicati alla solidarietà, consegnando a domicilio, oltre al gelato, anche le coperte solidali del gruppo di Solidarietà al Quadrato, il cui ricavato è stato devoluto all’Associazione SalvaMamme, che sostiene famiglie in difficoltà, il cui numero, dall’inizio della pandemia, è addirittura quintuplicato.
Simonetta, chi ti conosce sa che sei una donna poliedrica e un vulcano inesauribile di idee. Dimmi, c’è ancora qualcosa che non hai fatto e che sogni di realizzare nel prossimo futuro?
Tutte le cose che faccio nascono per caso, da incontri fortuiti, da piccole idee che pian piano si sviluppano. Ogni volta che un progetto finisce, inaspettatamente ne comincia un altro. La mia fortuna è di incontrare persone fantastiche, pronte a mettersi in gioco. A dire il vero, un sogno nel cassetto ce l’ho, ed è legato al momento in cui io ed Enrico andremo in pensione: raggiungere la Cina in camper e ritorno, un viaggio lungo, da assaporare lentamente, per conoscere tutti i paesi che attraverseremo.
#Splash #SimonettaCervelli
Chi non ha avuto il privilegio di conoscere Massimo Occhiuzzo probabilmente farà fatica a comprendere fino in fondo il suo spirito caleidoscopico, che è lo stesso spirito che vuole animare questo concorso, fortemente voluto dalle persone che da quel vulcano inesauribile di idee che era il nostro prof, partorite con la potenza di una colata lavica primordiale, sono state letteralmente travolte. Se qualcuno sta pensando a Massimo come il classico docente impettito e traboccante di nozionismo, beh, si sbaglia di grosso. Lui non era un insegnante, o perlomeno non lo era nel senso universalmente conosciuto del termine. Massimo era un catalizzatore di sogni, un visionario, un uomo venuto dal futuro. Aveva la straordinaria capacità di tirar fuori dai suoi studenti, anzi dagli interlocutori delle sue conversazioni, come lui stesso amava definirle, risvegli, catarsi, epifanie. O, molto più semplicemente, storie. Così, che ci si trovasse nella saletta interna di una gelateria, a cena in una pizzeria napoletana oppure in mezzo alla strada, ogni occasione era buona per scrivere. Il dettaglio più insignificante poteva diventare intuizione o spunto creativo, un luogo qualunque fonte di ispirazione. E condividere con i propri allievi i mondi che incessantemente costruiva e popolava era per Massimo la gioia più grande. Non c’era da stupirsi, dunque, se le pareti dell’aula improvvisamente si trasformavano in alberi, il soffitto in cielo azzurro, i banchi in tavolate spartane ma imbandite di cibo per l’anima. Ed ecco che mi torna alla memoria una lezione di scrittura a Torre Alfina, borgo viterbese tanto caro a Massimo, del quale noi allievi diventammo cittadini onorari per un giorno. Lui, sindaco generoso e fiero, ci aprì le porte del suo “luogo del cuore”, accogliendoci senza mai farci sentire ospiti. Mi sembra ancora di sentire la sua voce riecheggiare tra quelle fronde, sospinta dal vento, che oggi mi raggiunge come una carezza, una mano poggiata sulla schiena che spinge in avanti, come un raggio di sole che squarcia la fitta boscaglia, sorprendendoti. Il ricordo di quel giorno è ancora qui con me, mi fa compagnia quando mi sembra che sia stata scritta una storia assurda, dal finale sbagliato, di quelli che Massimo di certo avrebbe odiato. E allora con la mente torno a quel giorno perfetto, dove tutto si poteva ancora scrivere, e cambio il finale. Massimo è lì, la sua risata contagiosa, l’abbraccio dei suoi sguardi, le sue parole che arrivano dritte come un pugno allo stomaco, come una verità sconvolgente. E mi consola sapere che lui abbia scritto anche di noi nelle ultime pagine della sua vita.